Galluzzo

Su di me

Gli dissi la verità: ero vergine. E quella parola, sulle mie labbra, suonava come una colpa tardiva. Egli non esitò. Come se la mia inesperienza fosse un dono, non un peso. Ci ritrovammo nella casa al mare dei suoi genitori. La casa odorava di sale, di chiuso, e dalla cucina veniva un profumo inatteso: arancini, ancora tiepidi, abbandonati su un piatto come un’offerta domestica, inermi testimoni di ciò che stava per accadere. Aveva messo Šostakovič. E già quella musica rendeva tutto ancor più languido. Appena fummo in camera da letto, mi baciò con una tale foga che mi lasciò senza fiato; poi si denudò con dolcezza e, conseguentemente, mi denudò. Mi fece toccare il suo corpo giovane. Soltanto allora le mie difese cominciarono ad abbassarsi. Galluzzo era più giovane di me, ma sapeva il fatto suo. E quel suo corpo — così fresco e maschile — cominciò a piacermi. Mi offrì il suo pene; me lo mise in bocca e mi accarezzava la nuca mentre glielo succhiavo. Sarà stato all’incirca di 21 cm, bruno e venoso. Mentre glielo succhiavo, mi masturbavo, e di tanto in tanto mi dava degli affettuosi buffetti sulle guance. Ciò che mi colpì fu la dolcezza con cui me lo lasciava succhiare, senza tralasciare che, per quanto il pene di Galluzzo fosse decisamente maleodorante, mi piaceva, e lo lubrificavo con la saliva. Giocavamo, ridevamo... Poi si distese sul letto ed ebbi modo di succhiarglielo ancora, avendo cura di frizionare i suoi capezzoli mentre gemeva e non opponeva resistenza. E poi arrivammo al punto fatidico: la mia verginità anale. Galluzzo mi baciò profondamente con la lingua, poi mi invitò a non avere paura, mi accarezzò le cosce per molto tempo per farmi rilassare e poi, a mano a mano che mi baciava, divaricò le mie gambe sempre di più. Mi coprì gli occhi con le sue mani e, con il suo pene durissimo, si fece largo nel mio solco intergluteo. Non riesco ancora a descrivere quello che provai quando il suo cazzo mi invase. Galluzzo mi stava possedendo e io ero eccitato e mi masturbavo. Iniziò a scoparmi dapprima con dolcezza, poi, quando l’ampolla rettale si fu dilatata, con maggiore velocità. Era bellissimo e, di sicuro, il mio culo non era il primo che deflorava. A quel punto la relazione asimmetrica che c’era tra di noi si annullò: non eravamo più l’avvocato e il praticante, ma eravamo due amanti che facevano l'amore per la prima volta. Di tanto in tanto Galluzzo mi baciava, mentre io adagiavo le mani sui suoi glutei, che si muovevano energicamente al ritmo della penetrazione. Non credo che Galluzzo si fosse lavato, ma la sua puzza mi eccitava immensamente. Poi provammo un doggy style: fu allora che godetti di più, perché il suo cazzo cominciò a strofinarsi contro la mia prostata e presi a dirgli: «Galluzzo, fammelo sentire fino in fondo», e lui, come un animale in preda all'istinto, cominciò a sfondarmi con maggiore veemenza mentre io presi a masturbarmi. Galluzzo era in preda a intense convulsioni di piacere. Lo pregavo di non fermarsi.